Qualcuno dice che Le affinità elettive è il romanzo migliore di Goethe. Io non lo so, ma sicuramente è un romanzo nel quale ogni parola sembra essere stata molto ben pensata e calibrata, dove tutto sembra essere stato scritto con uno scopo e un compito preciso. Il talento di Goethe è indiscutibile e in questo romanzo si vede tutto. 

I personaggi de Le affinità elettive

I protagonisti principali sono quattro: Edoardo, Carlotta, Ottilia e il Capitano. Ognuno con le proprie caratteristiche specifiche, ognuno diverso, ognuno che finisce per essere vittima di un destino di cui credeva d’esser l’artefice.

Edoardo

Edoardo è un ricco barone non più giovanissimo, ma comunque nel fiore della sua età virile. È un uomo impetuoso ostinato e pasticcione; prende decisioni precipitose dettate dall’istinto, che spesso si rivelano però rovinose. Ma è anche generoso e coraggioso,e un innamorato appassionato, suscettibile e facile agli scatti, ma sempre cortese. 

Carlotta

Carlotta è la moglie di Edoardo, ma non si fida di lui come amministratore del patrimonio. Ponderata e riflessiva, vuole amministrare lei la casa e le proprietà,pur non avendone le competenze. Ogni sua decisione, pur se apparentemente ponderata, influisce su su qualcuno o qualcosa spesso in modo negativo, ma è sincera e onesta. Fa molti errori evidenti, ma l’amore tira fuori da lei emozioni che normalmente è abituata a celare.

Capitano

Il suo nome è Otto, ma verrà chiamato il Capitano. È un amico di gioventù di Edoardo ed è descritto come un brav’uomo. È una persona altruista, ma si sente solo e senza occupazione, nonostante l’evidente talento. Nonostante il suo essere discreto, il suo arrivo scombinerà non poco gli equilibri del castello. Si dimostrerà per tutto il tempo un uomo preparato e concreto.

Ottilia

Ottilia è la nipote di Carlotta, è una ragazza giovane e bella, ma apparentemente senza alcuna inclinazione. A scuola è lenta ed è l’ultima della classe, a differenza di Luciana, la figlia di Carlotta, che eccelle in ogni cosa che fa. L’amore la rende più sicura, ma rimane sempre una ragazza dolce e amabile. Alla fine, io penso la si preferisca all’apparentemente perfetta Luciana, che però è capricciosa ed egoista, oltre che volitiva e pettegola. Parteggia sempre per l’amato, perché “L’odio è partigiano, ma l’amore lo è ancora di più”. Tuttavia, è ingenua e spesso commette degli errori

Le affinità elettive

Cosa siano queste affinità elettive ce lo spiega lo stesso autore,in una discussione tra Edoardo, il Capitano e Carlotta. Partendo da qualcosa che accade nel mondo fisico, arrivano a spiegare anche le relazioni nel mondo umano. In entrambi i casi gli elementi che si sono provvisoriamente  uniti, tendono a sciogliersi da questa unione per andare verso l’elemento da cui sono più attratti. 

Quelle nature che, una volta incontratesi, si compenetrano e si influenzano reciprocamente, noi le definiamo affini.

Edoardo e Carlotta si sono incontrati e innamorati in gioventù, ma sono stati entrambi costretti a matrimoni di convenienza. Si sposano, però, in seconde nozze e sembrano felici, almeno finché non decidono, sotto la pressione di Edoardo, di prendere in casa un vecchio amico di quest’ultimo, il Capitano. A seguire arriverà anche Ottilia, la nipote di Carlotta che sembra non avere ancora trovato un suo posto, una sua attitudine. L’arrivo dei due scombussolerà la vita e i ritmi di Edoardo e Carlotta e li porterà a decisioni non sempre sagge e ponderate. 

Siamo capaci di sacrifici inenarrabili: eppure se si presenta una autentica, precisa occasione, quegli stessi sacrifici si trasformano in qualcosa che non siamo in grado di compiere.

Un romanzo d’amore, ma non romantico

Le affinità elettive è un romanzo d’amore, ma il mondo che Goethe descrive è l’opposto di quello romantico. Non che l’autore volesse necessariamente polemizzare con i romantici, ma in questo mondo le cose vanno diversamente. E la donna è diversa, rispetta a quella del Romanticismo. Qui è una donna che sbaglia tanto quanto e a volte più degli uomini e tutto è più triste e incerto. 

L’amore è fatto in questo modo: lui solo crede d’avere ragione e qualunque altra forma di diritto, in sua presenza, svanisce. 

Edoardo diventa come un bambino quando gli si impedisce di fare ciò che vuole e rimane ferito per cose anche molto futili, capricci, “tutto quanto lo divertiva, lo rendeva allegro doveva essere considerato con delicatezza da parte degli amici.”

Carlotta vuole, nella sua razionalità, ristabilire le cose, vorrebbe tornare indietro, recuperare il rapporto con Edoardo, mentre quest’ultimo è come un bambino a cui viene sottratto il giocattolo. 

Al contrario di lui, Carlotta sapeva meglio attraversare queste prove, in virtù della profondità del proprio sentimento. Era assolutamente consapevole, nel suo intimo, di dover rinunciare a un affetto bello e nobile. 

Una lezione di stile

In questo romanzo Goethe riesce a dire con uno stile alto e aggraziato anche le cose più terribili, usa le parole a suo completo piacimento, inserendo tra le vicende anche il suo pensiero, i suoi ammonimenti. All’apparenza sembra quasi voler proteggere i personaggi, descrivendo le loro disgrazie in modo delicato e gentile, quasi che si potessero spezzare ad usare parole più dure; anche per il lettore sembra avere una certa attenzione, spiega per bene tutto ciò che accade e non manca di segnalare al lettore quali sono i segni premonitori di ciò che sta per accadere che invece i personaggi non notano per nulla. Quello che Goethe fa in realtà è decidere dei personaggi e del loro destino come più gli aggrada, di sperimentare con i personaggi e finisce per stupire il lettore. 

Se la gente comune, allorché reagisce con sofferenza o disperazione alle più banali contrarietà quotidiane ci strappa un sorriso di compassione, noi siamo soliti, al contrario, guardare con reverenza verso un animo ne quale sia stato gettato il seme d’un grande destino e che, tuttavia, deve ancora attendere l’evolversi s’un simile concepimento e dunque non può, non deve mettere fretta né al bene né al male, né alla fortuna né alla sventura che ne possono scaturire. 

 

Titolo: Le affinità elettive

Titolo originale: Die Wahlverwandtschaften

Autore: Johann Wolfgang von Goethe

Traduzione: Umberto Gandini

Casa editrice: Fetrinelli

Pagine: 336

Pechino è in coma di Ma Jian ci narra i fattacci di piazza Tienanmen accaduti nel 1989, ci racconta come ci si è arrivati e cosa è cambiato (e cosa non è cambiato) dopo. Un romanzo intenso e vero che non mancherà di commuovere.

Dai Wei è figlio di un destroide mandato nei campi di rieducazione all’epoca della Rivoluzione Culturale,  vive con la madre e il fratello a Pechino. Il padre torna a casa dopo più di 20 anni e il suo rientro in famiglia destabilizza gli equilibri, oltre al fatto che il padre e il suo passato sono ciò che impedisce alla madre di ottenere la tanto agognata tessera del partito. Nonostante tutti i suoi sforzi, non riesce mai ad ottenerla. 

Piazza Tienanmen da dentro

Dai Wei partecipa attivamente alle proteste di Piazza Tienanmen e durante la repressione messa in atto dall’esercito nella notte tra il 3 e il 4 giugno 1989 gli viene sparato un colpo in testa e va in coma. Ed è da qui che comincia il racconto della sua vita, fino a quella maledetta notte e oltre. Dall’interno di un corpo immobile, eppure ancora vivo, riemergono ricordi del suo passato, di un padre tornato in Cina dall’America per aiutare a ricostruire il paese, che poi viene invece costretto alla sottomissione e additato come nemico. Ricordi di una vita in famiglia resa più difficile dalla condizione di prigioniero del padre. Ricordi degli anni della scuola, dell’università, amicizie, amori. Tutto passa attraverso quel corpo inerte. 

Attraverso i ricordi di Dai Wei entriamo nei campi di rieducazione, nel clima della Rivoluzione Culturale e nel processo di costruzione dell’economia socialista di mercato tipica dell’era post Mao Zedong. Respiriamo un’aria di ritrovata libertà, salvo poi rendersi conto che essa è solo un sottile velo che copre una realtà che in fondo non è poi così diversa dalla dittatura di Mao, in termini di libertà individuale e diritti umani. Ne sono prova le manifestazioni pacifiche represse con la forza, di cui piazza Tienanmen è diventato il culmine, la tragedia cui mai avremmo voluto assistere.  

Piazza Tienanmen

L’energia e il sacrificio

Le proteste nacquero come una richiesta di maggiore libertà e democrazia in una Cina in fermento. Si trattava comunque di pacifiche proteste studentesche, pacifiche, ma tenaci, perché i ragazzi non mollavano. Queste pagine profumano dell’entusiasmo e della dedizione di questi ragazzi, pronti al sacrificio per un bene superiore. Ma percepiamo anche la paura, la sfiducia, i tentennamenti di questi studenti, che alla fine si sono dovuti confrontare con la minaccia di dover fronteggiare l’esercito. E in fondo erano solo studenti, giovani entusiasti ed energici che, come molti giovani di tutto il mondo, vogliono cambiare le cose che non funzionano.

La rabbia e lo sconforto dati dal fallimento dei loro tentativi di dialogo con il governo hanno minato la compattezza del gruppo, soprattutto di quello dei leader, ma il movimento non si è fermato. E non si è fermato nemmeno al comparire di discussioni interne e dissapori all’interno del gruppo dei leader, divergenze di opinioni ed errori. 

Sapevo che sarebbe stato impossibile far evacuare gli studenti dalla piazza, però non sembrava giusto che i leader se la svignassero alla chetichella, soprattutto dopo aver incitato gli altri a restare. 

Lo sciopero della fame deciso dagli studenti è stato un atto di coraggio e sacrificio, che tuttavia non ha portato i risultati sperati. Ma Jian riesce a rendere molto bene l’atmosfera di quei giorni in piazza e noi lettori non possiamo non soffrire insieme a questi studenti, non possiamo non attendere insieme a loro un passo dal governo, non possiamo non ringraziarli per quello che hanno fatto, per non aver mollato nemmeno quando il sacrificio è diventato enorme.

Una Cina che cambia

Mano a mano che la narrazione procede dall’interno della mente di Dai Wei, vediamo i cambiamenti della Cina, il passaggio da un comunismo estremo alla cosiddetta ‘economia socialista di mercato‘, l’avvento della tecnologia, il rapporto, sempre molto difficile, con gli stranieri (quelli che i cinesi chiamano laowai). Troviamo anche molte tipicità, quali ad esempio la Città Proibita e gli hutong, le piccole casette a un piano tipiche di Pechino che oggi sono un’attrazione turistica di grande fascino, ma che allora erano invece dei tuguri sporchi e malsani con dei sudici bagni in comune. 

“Spero di trovare un appartamento come questo, con il riscaldamento centrale e l’acqua corrente” dice Gui Lan. “In inverno a mia camera è molto fredda. E odio dover usare quei luridi gabinetti comuni in fondo al vicolo.”

Dai Wei ci racconta anche qualcosa del Falun Gong e della sua repressione da parte del governo, a dimostrazione ulteriore, se mai ce ne fosse ancora bisogno, che la Cina era (ed è tutt’ora) ben lontana dalla democrazia

Democrazia e libertà 

Quello che, a mio parere, traspare più di tutto è il malumore di una generazione di “orfani” senza patria e senza famiglia, che anelano a una libertà di pensiero legittima che viene loro negata, che chiedono a gran forza democrazia, che si battono contro la corruzione con coraggio e tenacia. Resistono e non si arrendono pur sapendo che il loro nemico è molto più forte e potente di loro e lo dimostrerà nella maniera più vile, mandando l’esercito, con i carri armati, a sparare su di loro, in una delle repressioni più brutali e sanguinarie del secolo scorso. 

“Mao ha distrutto il sistema della famiglia tradizionale in modo che tutti dipendano dal Partito” aggiunse Tian Yi. “Siamo una generazione di orfani. I nostri genitori non ci hanno dato un sostegno affettivo. Appena siamo nati hanno permesso che fosse il Partito a decidere della nostra vita.”

I leader degli studenti, i cui nomi in questo romanzo richiamano molto quelli dei veri leader studenteschi delle proteste dell’ ’89, hanno avuto grandi meriti e grandi responsabilità. Hanno avuto il merito di mantenere alto l’umore degli studenti anche nei momenti di maggior sconforto, hanno avuto il merito di guidare una protesta senza precedenti nel paese. Ma hanno anche avuto la grande responsabilità di aver condotto gli studenti al massacro in nome di una democrazia che non è mai arrivata. Il governo ha represso le proteste nel sangue e insabbiato tutto, negando apertamente il suo operato e perseguitando tutti coloro che furono ritenuti coinvolti nell’organizzazione delle manifestazioni. Dimostrando in questo modo che non molto, in fondo, era cambiato.

Un viaggio lungo un corpo

Questo romanzo è però anche un viaggio all’interno di un corpo diventato prigione e Ma Jian è molto bravo a descrivere ciò che accade dentro quello che oramai è diventato solo il contenitore della mente di Dai Wei. Ogni canale, ogni più piccolo angolo del suo corpo viene percepito da Dai Wei con un’estrema sensibilità e ogni piccola novità diventa una gioia per lui: un uccellino che ogni giorno si posa su di lui, la brezza che entra dalla finestra, il tocco delicato di una mano. 

Ora so che per raggiungere l’anima si deve viaggiare a ritroso. Ma solo chi dorme ha tempo di percorrere quel sentiero, chi è sveglio deve lanciarsi alla cieca in avanti fino alla morte…

Consiglio questo romanzo a chi ha voglia di saperne di più sulla Cina e sui fatti di piazza Tienanmen, l’unica cosa che non ho apprezzato è stata la traduzione di Katia Bagnoli. Personalmente non l’ho trovata una buona traduzione e inoltre presenta anche diversi errori grammaticali e diverse imprecisioni. Probabilmente è mancato il lavoro di un buon editor, ma anche la traduzione in sé non è proprio nelle mie corde. Peccato perché il romanzo è davvero bello. 

Titolo: Pechino è in coma

Titolo originale: Beijing Coma

Autore: Ma Jian

Traduzione: Katia Bagnoli

Casa editrice: Feltrinelli

Pagine: 633