Dopo tanti anni sono tornata nel mondo di Banana Yoshimoto, una scrittrice che ho sempre amato molto.
Titolo: Amrita
Autrice: Banana Yoshimoto
Traduzione: Giorgio Amitrano
CasaEditrice: Feltrinelli
Pagine: 308
Amrita è la storia di Sakumi e della sua famiglia allargata narrata con la delicatezza e la bellezza tipiche dello stile di Banana Yoshimoto.
Sakumi vive con la madre, il fratellastro undicenne Yoshio, la cugina Mikiko e Junko, un’amica della madre. Si definisce un animale notturno, lavora in un bar e, come gli altri membri della sua famiglia allargata, cerca di elaborare il lutto che li ha colpiti. Sakumi ha infatti perso sia il padre, che la sorella Mayu, morta in un incidente stradale mentre era sotto l’effetto di alcol e droghe.
Io non sono la mia memoria
Quando un giorno Sakumi scivola e batte violentemente la testa, la sua vita perché perde temporaneamente la memoria. Da quel momento lei non sarà più la stessa, non solo per gli effetti che la perdita della memoria scatena in lei, ma anche per le riflessioni che inizia a fare.
Il pensiero di tornare indietro, al tempo prima di battere la testa, mi rattristava. Mi sembrava noioso. Mi preferivo com’ero adesso, nonostante tutto. In generale, non esiste nessuno che sia al cento per cento sano. Sentivo che la mia solitudine era una parte del mio universo, e non una patologia da eliminare.
Trovo molto interessante la sua riflessione sulla solitudine come parte integrante di noi e non come qualcosa da evitare, come invece tendenzialmente facciamo.
Le sue riflessioni sull’io mi hanno fatto molto pensare a Pirandello e al suo Uno, nessuno e centomila (clicca quiper leggere la mia recensione).
Una arriva persino a dubitare di essere mai stata solo se stessa.
Mentre Sakumi ritrova i suoi ricordi, a volte improvvisamente, a volte preceduti da momenti di offuscamento e di angoscia, si scopre che Yoshio ha dei poteri psichici e vive molto male questa sua condizione, soprattutto nel rapporto con i coetanei. Lei gli sta vicino e lo porta con sé a fare dei viaggi per distrarlo, c’è un legame forte tra loro.
L’amore non è fatto di forme, o di parole, è una condizione. Dovrebbe essere come una forza che si irradia. Ogni membro della famiglia deve tirare fuori la forza, ma quella che consiste nel dare, non nel chiedere, altrimenti è un disastro, e l’atmosfera della casa diventa quella di una tana di lupi affamati.
Un viaggio delicato e avvolgente
Questo libro è un viaggio delicato e avvolgente in Giappone, ma soprattutto nelle profondità dell’animo umano, senza paura di quello che vi si può trovare. La Yoshimoto stessa ha detto di questo romanzo:
Poiché non sono riuscita a scrivere questo romanzo come avrei voluto, sentivo di non amarlo. Eppure credo che forse mai più in tutta la mia vita potrò scrivere qualcosa con lo stesso abbandono, la stessa spontaneità.
E devo dire che si percepisce questo suo abbandono, non solo nella sua scrittura profonda e delicata (che del resto ha anche negli altri suoi romanzi), ma soprattutto nelle atmosfere che ha saputo creare attorno a questi personaggi così unici che non si può evitare di amarli. La sua è una scrittura ricca di fascino, che riesce senza difficoltà a trasportarci dentro un mondo che pare essere tutto suo, fatto di personaggi particolari e atmosfere surreali.
In Amrita troviamo temi ricorrenti nelle opere della Yoshimoto, come l’amore, la famiglia e la morte, ma sviluppa anche temi diversi, come quello della natura o della solitudine. La natura è molto importante per Sakumi e Yoshio e la solitudine che ognuno dei personaggi sente a vario titolo è più che mai parte integrante della vita.
Come spesso accade con Banana Yoshimoto, ci troviamo di frote ad un romanzo intenso e avvolgente, che ci accompagna in un mondo fatto di personaggi misteriosi e irresistibili, e atmosfere a tratti oniriche e sensuali, a tratti colorate ed emozionali.
Un romanzo introspettivo e raffinato che non ho potuto non apprezzare e che consiglio agli amanti di questo genere, a chi si lascia trasportare dai viaggi dentro l’animo umano.
Quando si ha qualcosa da perdere, si comincia ad avere paura. Ma la felicità è questo. Conoscere il valore di quello che possediamo.
Quella degli Hunger Games è una trilogia di romanzi distopici di tipo Young Adult, destinati, cioè, ad un pubblico di giovani. Tuttavia, penso di poter affermare tranquillamente che questi libri sono letti e apprezzati anche da un pubblico adulto (vedi la sottoscritta). La narrativa Young Adult spesso tratta temi che altri tipi di romanzo faticano di più a trattare, come ad esempio l’esplorazione di questioni esistenziali e negli ultimi anni questo tipo di narrativa sta diventando sempre più dark e i giovani protagonisti sono sempre più esposti a rischio di morte, violenza e situazioni crude. Questa trilogia in questo senso non fa eccezione.
ATTENZIONE: per quanta cura io abbia cercato di mettere nella descrizione delle trame, è possibile che ci siano degli spoiler, quindi consiglio a chi non ha alcuna idea della trama di saltare secondo e terzo volume e passare direttamente alle considerazioni.
Primo volume: Hunger Games
Titolo: Hunger Games
Autrice: Suzanne Collins
Casa Editrice: Mondadori
Pagine: 374
Le vicende si svolgono in un futuro distopico, in uno stato chiamato Panem, la cui capitale è Capitol. Tutt’intorno ci sono 12 distretti che, a differenza della ricca e opulenta Capitol City, possono essere anche molto poveri. La povertà è direttamente proporzionale al numero del distretto. La sedicenne Katniss Everdeen vive nel distretto 12, quello più povero, con la madre e la sorella Prim. La sua è già una vita dura, dopo la morte del padre in un incidente in miniera, la madre è stata colpita da depressione ed è Katniss che ha sempre dovuto cercare il modo per sfamare la sua famiglia, che altrimenti sarebbe perduta. Va nei boschi, insieme al suo amico Gale a cacciare di frodo e si forma una sua identità come colei che provvede alla sua famiglia.
Apprendiamo quasi subito che un tempo esisteva anche un tredicesimo distretto, completamente raso al suolo da Capitol City perché si è ribellato durante quelli che vengono chiamati i Dark Days (i giorni bui). Proprio in seguito a questa ribellione, ogni anno vengono estratti a sorte i nomi di un ragazzo e una ragazza tra i 12 e i 18 anni per ogni distretto per partecipare agli Hunger Games. Si tratta di uno show televisivo che mira a far divertire gli abitanti della capitale, ma mira soprattutto a ricordare ai distretti il potere di Capitol City. I ragazzi, che una volta selezionati, prendono il nome di tributi, saranno catapultati al’interno di un’arena appositamente costruita e manovrata da un gruppo di strateghi e il loro compito sarà quello di sopravvivere, uccidendo tutti gli altri. Alla fine, infatti, solo uno potrà uscirne vincitore, vale a dire, vivo.
Questo è l’anno dei settantaquattresimi Hunger Games e la vita di Katniss ne verrà letteralmente sconvolta, dopo che una serie di eventi la porterà nell’arena, a dover lottare contro la morte.
Secondo volume: La ragazza di fuoco (Catching fire)
Titolo: la ragazza di fuoco
Titolo originale: Catching fire
Autrice: Suzanne Collins
Casa Editrice: Mondadori
Pagine: 376
La vita sembra quasi tornata alla normalità dopo gli Hunger Games, ma la verità è che i giochi non finiscono mai e men che meno dopo la settantaquattresima edizione. Tante cose sono successe durante gli Hunger Games, prima tra tutte che Katniss ha fatto infuriare Capitol che ora ce l’ha con lei. Subito prima del Victory Tour il Presidente Snow le fa visita minacciandola, lei è terrorizzata e fa di tutto per accontentare Snow, ma questo non le impedisce di notare ciò che sta accadendo nei distretti durante il tour. Ci sono tante, troppe cose che non tornano e sarà Haymitch, il mentore di Katniss e Peeta a fare un po’ di chiarezza.
Tuttavia, come si diceva, i giochi non finiscono mai, anche chi ne esce vittorioso è costretto a fare da mentore ai futuri tributi e oltre a ciò, questo è un anno particolare, perché è l’anno della cosiddetta Edizione della Memoria (Quarter Quell). Ogni 25 anni Capitol ne organizza una e per questa terza edizione la capitale ha in serbo qualcosa di spettacolare.
Terzo volume: Il canto della rivolta (Mockingjay)
Titolo: Il canto della rivolta
Titolo originale: Mockingjay
Autrice: Suzanne Collins
Casa Editrice: Mondadori
Pagine: 421
Durante l’Edizione della Memoria è successo qualcosa che non era mai successo prima: l’edizione si è conclusa prima che tutti i tributi fossero morti e qualcuno di loro si è addirittura salvato. Ma la domanda che sorge spontanea una volta che Katniss realizza di essere viva è: dove si trova? Dov’è stata portata? Scopre che insieme a lei ci sono anche Finnick e Beetee. E dove sono Peeta e Johanna? Ancora una volta sarà Haymitch a rispondere a tutte le sue domande, suscitando la sua ira e il suo rifiuto di essere la Ghiandaia Imitatrice (Mockingjay), cioè il simbolo della rivolta dei distretti. Katniss è talmente confusa e arrabbiata da non immaginare nemmeno lontanamente la portata della sua influenza. Sarà Prim a farglielo notare.
Da questo momento Katniss verrà messa di fronte ai risultati delle varie ribellioni nei distretti e vedrà con i suoi occhi cosa lei significhi per queste persone, come il solo vederla riaccenda gli animi. Questo accenderà anche in Katniss una fiamma che farà di lei il vero simbolo della rivota.
If we burn, you burn with us. (Se noi bruciamo, voi bruciate con noi).
D’altra parte, Snow ha giurato vendetta e ha dalla sua un’arma capace di destabilizzare anche la Katniss più determinata. Chi vincerà questa guerra che promette di essere sanguinosa come mai prima?
Hunger Games: Considerazioni varie
Ho divorato questa trilogia, che mi è piaciuta davvero molto. La scrittura scorre veloce tra colpi di scena e suspense e la Collins è davvero brava a creare situazioni e personaggi capaci di mantenere il lettore incollato. La trama è molto ben costruita e, anche se il terzo volume viaggia a un ritmo leggermente più lento degli altri, anche qui non mancano colpi di scena e situazioni mozzafiato. La storia va avanti con un ritmo serrato, quasi ogni capitolo si conclude con un colpo di scena, qualcosa che induce inevitabilmente curiosità nel lettore.
Tutta la trilogia è scritta in prima persona, quindi noi vediamo tutto attraverso gli occhi di Katniss e questo rende la storia molto coinvolgente, soprattutto perché seguiamo gli eventi man mano che accadono.
Temi
Innanzitutto, le tematiche affrontate sono varie e difficilmente si ritrovano tante tematiche importanti in un’unica opera destinata a un pubblico adulto:
Tematiche esistenziali, come quella dell’esplorazione e della riflessione sull’identità. I personaggi si pongono spesso domande tipiche degli adolescenti: chi sono io? Sono buono o cattivo? Cosa sono destinato a diventare? Qui troviamo molto marcata anche la necessità di rimanere se stessi anche dinanzi a situazioni che mettono a dura prova l’identità.
Empatia con i personaggi: la Collins è molto brava a delineare i personaggi e il lettore entra facilmente in empatia anche con alcuni di quelli secondari. Non solo il lettore adolescente, ma anche l’adulto è portato a simpatizzare con questi personaggi in perenne lotta tra il bene e il male.
Rapporti famigliari: altro tema presente sin dall’inizio, quando ci viene descritto il rapporto conflittuale che Katniss ha con la madre, che non viene presentata come una figura i riferimento.
Elemento del gioco e della competizione: naturalmente è uno dei temi cardine della trilogia. Gli Hunger Games sono di una violenza estrema, ma tutti, compresi bambini e adolescenti, vi sono abituati, dal momento che vengono trasmessi in TV. La spettacolarizzazione della morte è enfatizzata dal fatto che si basa sull’uccisione di bambini e adolescenti.
Bambini e adolescenti: qui la Collins azzarda. I bambini e gli adolescenti sono normalmente la parte più vulnerabile della società e difficilmente diventano vittime dei sistemi totalitari che, anzi, tendono a proteggerli. Qui invece sono esattamente le vittime sacrificali prescelte, lo strumento attraverso cui Capitol City incute paura e mantiene il potere.
Cibo: il cibo gioca un ruolo importante in tutta la trilogia. La fame è uno dei modi che ha Panem di controllare i distretti, mentre a Capitol City la situazione è esattamente opposta: il cibo è perennemente in eccesso. Il cibo è indissolubilmente legato alla morte in tutta la serie degli Hunger Games.
Una società totalitaria
La società di Panem è una società totalitaria che regna attraverso il divide et impera di romana memoria e, come la maggior parte delle società totalitarie, dipende dal controllo dell’informazione e dalla manipolazione della realtà, soprattutto attraverso i media. Katniss realizzerà questo a poco a poco, sviluppando un senso critico sempre più accentuato che la porterà alla fine a capire chi sia il vero nemico.
Remember who the real enemy is (Ricorda chi è il vero nemico)
Mano a mano che la narrazione procede e vediamo svilupparsi il senso critico dei personaggi, dimentichiamo che sono solo degli adolescenti, poco più che bambini, siamo così presi dalla storia e da quello che devono sopportare che non pensiamo più alla loro età.
Il ruolo della memoria
L’epilogo di questa storia ci fa capire quanto la memoria possa avere un ruolo fondamentale per impedire di commettere nuovamente gli errori del passato. In questo possiamo trovare delle analogie con le storie legate all’olocausto. Chi sopravvive a cose di tale orrore e crudeltà da un lato trova conforto e sollievo nel raccontare la propria esperienza, dall’altro ha quasi il dovere di raccontare affinché tale orrore non si ripeta.
Consiglio assolutamente di leggere la trilogia degli Hunger Games, sarete catturati dalle vicende di questi ragazzi e non ve ne pentirete!
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