Ciò che inferno non è ci parla e lo fa direttamente allo stomaco. È la storia di Pino Puglisi, ucciso dalla mafia il 15 settembre 1993, e di quello che ci ha lasciato. 

Brancaccio e la tombola del destino

1993, Federico è un liceale sognatore che ama guardare il mare, perdersi nell’orizzonte e leggere poesie. Vive in un quartiere residenziale di Palermo e il suo cuore di diciassettenne è pieno di domande. 

I ragazzi si aspettano sempre gioia dalla vita, non sanno che è la vita ad aspettarsi gioia da loro. 

Ama le parole perché lo ancorano e lo spingono verso l’ignoto. 

Don Pino, invece, vive a Brancaccio, un quartiere nel quale “chi ha una sigaretta e una pistola è un eroe”. Don Pino, detto 3P, insegna religione nel liceo di Federico e fino ad ora per lui è stato solo questo, l’insegnante di religione, e apparentemente non c’è motivo per cui le cose debbano cambiare. L’estate di Federico è già stata programmata, lo aspetta un viaggio-studio in Inghilterra. Ma un incontro casuale per strada con  il suo professore di religione rischia di cambiare le carte in tavola. La tombola del destino forse ha in serbo qualcos’altro per lui. 

Don Pino Puglisi

Questo romanzo è un omaggio a Don Pino Puglisi, una figura umile ma centrale nella lotta alla mafia. Lui si definiva un rompiscatole.

Uno che rompe le scatole in cui ti nascondi, le scatole in cui ti ingabbiano, le scatole dei luoghi comuni, le scatole delle parole vuote, le scatole che separano un uomo da un altro uomo simulando muri spessi come quelli della canzone dei Pink Floyd. 

Don Pino cerca di portar un po’ di luce in un quartiere buio e oscuro di Palermo, un quartiere dove l’inferno si tocca con mano ogni giorno. 

L’inferno esiste. Ed è qui. In queste strade feroci in cui i lupi fanno la tana. E gli agnelli insanguinati tacciono perché hanno più cara la vita di ogni altra cosa. E il sangue è il marchio della vita,  perché se la parola non salva lo dovrà fare il sangue. 

E anche Federico comincia a capire come può essere diversa la vita se la tombola del destino ti fa nascere in un quartiere come Brancaccio

Ciò che inferno non è

Don Pino sa che la forza della mafia sta nel consenso. Sa anche che “l’inferno è tutte le volte che decidi di non amare o non puoi amare”. E quindi ama, ama sempre e incondizionatamente, ha la forza di sorridere anche di fronte a situazioni difficili, dà a tutti una seconda possibilità, ha a cuore le persone, sa distinguere “tra chi è semplicemente maleducato e chi è educato al male”. Perché sa che

Se nasci all’inferno hai bisogno di vedere almeno un frammento di ciò che inferno non è per concepire che esista altro. 

D’Avenia

Non avevo mai letto nulla di D’Avenia e onestamente fatico a trovare le parole giuste per esprimere ciò che questo romanzo ha lasciato in me. Questo libro è stato un viaggio, un viaggio in un quartiere consumato dalla mafia, un viaggio nelle persone che vivono, o sopravvivono, in mezzo alla violenza e alla paura. Un viaggio illuminato dal sorriso di Don Pino, non un personaggio, ma una persona vera, terribilmente vera, che non ha mai smesso di lottare, nemmeno quando il sorriso gli è venuto meno e la solitudine è arrivata prepotente, nemmeno quando si sentiva troppo piccolo per rendere il mondo un posto migliore. 

Come si fa ad amare chi ti sputa in faccia?

Come si fa ad amare chi ti uccide?

Ciò che resta è il messaggio potente di questo sacerdote, un messaggio di coraggio e amore, un invito a non abbassare lo sguardo, ma a vedere e a guardare, e a farlo a testa alta, perché “l’inizio dell’inferno è abbassare lo sguardo, chiudere gli occhi, voltarsi dall’altra parte e rafforzare l’unica fede spontanea che la Sicilia conosca, quella fatalistica e comoda del tanto nulla cambierà”. 

Togli amore e avrai l’inferno. Metti l’amore e avrai ciò che inferno non è. 

 

Ciò che inferno non è

TITOLO: Ciò che inferno non è

AUTORE: Alessandro D’Avenia

CASA EDITRICE: Mondadori

PAGINE: 317

Confidenza è un romanzo che ci mette di fronte ai limiti del nostro tempo, al nostro essere troppo legati all’apparenza e a ciò che gli altri pensano di noi. Un libro sulla mediocrità, l’arrivismo e l’ipocrisia che a volte contraddistingue l’essere umano. 

Una confidenza scomoda

Pietro e Teresa si conoscono a scuola, Pietro è un insegnante e Teresa una sua allieva, che, dopo la maturità, torna a cercarlo e i due iniziano una storia d’amore. Ma non è l’amore il protagonista di questo romanzo, bensì i segreti. Sì, perché i due hanno un rapporto burrascoso e, per tenersi insieme, decidono di farsi una confidenza, di rivelarsi un segreto scomodo, qualcosa che li fa vergognare e che vorrebbero nessuno sapesse.

Naturalmente la storia tra loro finisce, ma il segreto che Pietro racconta a Teresa, quella confidenza fatta quasi per gioco, lo perseguiterà anche dopo aver incontrato e sposato Nadia ed essere diventato una persona di un certo successo.

Maschere o volti?

Si tratta di un libro sull’importanza che riveste per noi il giudizio degli altri, sulle maschere che portiamo, sui fragili bastoni su cui spesso poggiano le reazioni.

Starnone indaga l’animo umano nella sua parte più recondita, scomoda, in accettata. Quel male che non si vede se non in alcuni fugaci attimi, attraverso veloci lampi negli occhi o labbra che si arricciano.

La storia di Pietro e Teresa è passionale, ma logorante, scavano dentro la parte peggiore dell’atro, quella che sta dietro la maschera di brav’uomo, marito dolce e professore gentile. Quel segreto perseguiterà Pietro per tutta la vita, la paura che la sua parte meschina venga a gala lo paralizza. Perché, alla fine, ciò che conta è chi siamo sotto a tutte quelle maschere. E Pietro è un uomo mediocre. E da uomo mediocre teme le conseguenza di quella confidenza. 

Mi augurai di non avere niente da occultare, ero definitivamente un brav’uomo, anche se con Teresa dovevo stare sempre sul chi vive, c’era il pericolo che intervenisse e mandasse in rovina ogni cosa come succede alle figure disegnate coi gessetti sul marciapiede quando cade la pioggia e i passanti con le scarpe mescolano colori, acqua e sporcizia.

Traspare quindi un desiderio quasi forsennato di apparire come una brava persona. Pietro sposerà una donna mediocre, o meglio, una donna che per lui si annullerà, accanto alla quale lui brillerà, in una sorta di riscatto dopo essere stato eclissato da Teresa. Nadia diventerà una donna frustrata dall’egoismo del marito e questa situazione impedirà a entrambi di avere un rapporto basato sul dialogo. E l’ombra di Teresa incombe sempre su Pietro.

Una storia che non passa

La storia è raccontata da tre punti di vista, quello di Pietro, quello di Teresa e infine quello di Emma, la figlia di Pietro e Nadia, la cui vista è annebbiata dall’amore e dalla venerazione per il padre. Devo dire che avrei trovato molto interessante avere anche il punto di vista di Nadia, forse avrebbe portato ancora più pepe in questa storia. 

Questa storia rimane dentro e spiazza, emoziona, fa riflettere. Starnone riesce a catturare la violenza emotiva con una precisione tale da lasciare senza fiato. E ci accompagna mano nella mano fino al finale, che poi tanto finale non è.