Siamo nel campo dei giganti della letteratura, Eco è autore di molti famosi romanzi quali Il pendolo di Foucault, La misteriosa fiamma della regina Loana, Il cimitero di Praga e molti altri, nonché prolifico autori di saggi.

Un must

Personalmente, ritengo Il nome della Rosa uno dei libri da leggere assolutamente nella vita. È il primo romanzo di Umberto Eco, pubblicato per la prima volta nel 1980, dopo che Eco aveva studiato per diversi anni la narrativa, con i suoi problemi e le sue regole. L’autore stesso disse di questo libro: “Mi sono messo a scrivere un romanzo dopo aver riflettuto a lungo sul modo in cui gli altri hanno scritto i romanzi”. Un romanzo, quindi, che non è stato scritto d’impeto, ma studiato e ponderato in ogni sua parte. L’espediente letterario utilizzato da Eco è quello di un manoscritto ritrovato, che ci permette di conoscere questa storia.

Le vicende che narra si svolgono in un’abbazia di cui ignoriamo sia il nome che l’ubicazione, ma che pare trovarsi in un luogo non ben definito dell’Appennino tra Piemonte, Liguria e Francia. Siamo alla fine di novembre dell’anno 1327, un periodo difficile della storia, in special modo di quella cristiana. All’epoca era imperatore Ludovico il Bàvaro, che scese in Italia per cercare di ricostituire la dignità del Sacro Romano Impero. Simpatizzava con le idee di povertà dei francescani ed era in conflitto con l’allora papa Giovanni XXII (Giacomo di Cahors), famoso per aver convogliato molte ricchezze alla corte papale e per essere un papa infame ed eresiarca.

L’abbazia è stata scelta come sede di una disputa tra i francescani, protetti dall’imperatore, e i rappresentanti del papa, disputa che riguarda la povertà di Cristo e che è a tutti gli effetti una disputa tra papato e impero. Convogliano quindi nell’abbazia i personaggi più disparati per partecipare a questa disputa. I primi ad arrivare sono Guglielmo da Baskerville e il suo novizio Adso da Melk, autore stesso del manoscritto. Guglielmo è un monaco inglese appartenente all’ordine dei francescani ex inquisitore dotato di una grande intelligenza e di uno spiccato acume, ammiratore e seguace di Ruggero Bacone, ed è stato scelto come mediatore della disputa.  

Accadono cose strane…

L’ambientazione è quindi già di per sé molto suggestiva, una grande abbazia cristiana nel cuore delle montagne, in un periodo oscuro quale è stato il Medio Evo. Già solo questo dovrebbe bastare a farvi venire voglia di aprire questo libro.

Diventa chiaro fin dall’inizio, però, che nell’abbazia qualcosa non va, da qualche giorno succedono fatti strani. Un monaco è morto in circostanze misteriose e l’abate chiede a Guglielmo di indagare su questa morte.  Diventa evidente fin da subito che più di qualche monaco nasconde qualcosa, che dentro le mura di quella splendida abbazia accadono fatti inenarrabili e che tutto ruota intorno a un luogo misterioso e inaccessibile dell’abbazia. Delitti e stranezze si susseguono e Guglielmo da Baskerville tenta di dipanare una matassa che si fa di pagina in pagina sempre più intricata. E tutto sembra portare alla biblioteca e al suo labirinto. La biblioteca di questa abbazia è insieme un luogo affascinante e misterioso, ma come può una biblioteca essere un luogo inquietante?

“… essa [la biblioteca] è riserva di sapere ma può mantenere questo sapere intatto solo se impedisce che giunga a chiunque, persino ai monaci stessi.”

Ed ecco quindi che la biblioteca diventa luogo di segreti e di libri proibiti, luogo impenetrabile e pregno di tranelli e inganni, luogo di perdizione da cui è quasi impossibile uscire. Un luogo affascinante e inquietante, dunque, dove accadono cose strane e misteriose. 

Molti sono i personaggi che incontriamo durante il dipanarsi di queste misteriose vicende, i personaggi di fantasia si mescolano con personaggi realmente esistiti, le vicende dei monaci dell’abbazia si inseriscono in un contesto storico di controversie religiose e scontri tra papato e impero, in un susseguirsi di vicende e fatti narrati magistralmente.

Leggendo Il Nome della Rosa in una splendida spiaggetta nascosta della Toscana

L’autore

Eco ha una penna fine e una scrittura di alto livello, che potrebbe risultare a volte un po’ ostica al lettore a cui alcune parole di uso arcaico non siano familiari, ma che è una delizia per gli estimatori della lingua italiana. Eco, infatti, utilizza non solo termini desueti, appartenenti ad una lingua non più in uso ai giorni nostri, ma anche parole ricercate e di significato non sempre immediato.

A questo si aggiungono le molte citazioni in latino di cui non sono fornite le traduzioni (ma che nella moderna era di internet si possono agevolmente trovare in rete), e che possono rendere il libro di difficile lettura. Tuttavia, trovo la scrittura di Eco magistrale, è talmente bravo che gli si perdona senz’ altro di non aver messo le traduzioni e di dover fare un piccolo sforzo in più, che è ampiamente ripagato da ciò che lui ci dona con la sua scrittura.

Alla trama si alternano riflessioni e citazioni che l’autore, in un gioco intellettuale messo in atto col lettore, sfida a riconoscere. Un libro avvincente e raffinato che non può proprio mancare nella vostra biblioteca!

“Forse il compito di chi ama gli uomini è di far ridere della verità, fare ridere la verità, perché l’unica verità è imparare a liberarci dalla passione insana per la verità.”

Titolo: Il Nome della Rosa

Autore: Umberto Eco

Casa editrice: Bompiani

Pagine: 624